venerdì 20 febbraio 2009

Un pò di storia...

Carlo I d’Angiò, volendo edificare Castel Nuovo, demolì il complesso cedendo in cambio ai frati, il 10 maggio 1279, il luogo ove si trova l’attuale e chiesa e sul quale sorgeva, a guardia del porto, l’antica torre Maestra. Sulle antiche strutture fu edificato il convento e memoria della primitiva sistemazione sono l’aspetto quasi di cinta muraria che il complesso assume sulla via del Cerriglio con il campanile eretto dove probabilmente era la torre, e con un prospetto percosso da un fregio a toro, aperto solo da poche altissime finestre ed ornato da una semplice statua di S. Antonio da Padova.
Santa Maria la nova sorse in stile gotico, ma non si conosce l’artefice della sua costruzione.
L’edificio nel suo aspetto originario ebbe poco più di tre secoli di vita. Tra le cause che determinarono la demolizione della chiesa angioina vanno ricordati il terremoto del 1456 e quelli del 1538, 1561, 1569 e 1588 ma, in misura maggiore, lo scoppio della polveriera di Castel S. Elmo, colpita da un fulmine il 13 dicembre 1587, che la danneggiò gravemente.
Il rifacimento della Chiesa nel 1596, attribuibile in parte ad Agnolo Franco, fu dovuto anche alle generose offerte dei fedeli seguite, inoltre, da una guarigione miracolosa a favore di un povero storpio dalla nascita, attribuita alla Madonna delle Grazie il 17 agosto 1596. L’attuale facciata della chiesa, a due ordini di cui quella inferiore in piperno a vista, è tipica del genere diffuso a Napoli nel XVI secolo. Essa è preceduta da una scalinata con balaustra marmorea; alla sommità, il portale, affiancato da due colonne di granito, è sormontato da un’edicola, in cui è raffigurata la Vergine, di ignoto scultore della prima metà del ‘600.
Ciò che anzitutto colpisce l’attenzione del visitatore all’ingresso è il soffitto ligneo cassettonato ed intagliato, decorato in oro zecchino, eseguito tra il 1598 ed il 1603.
Tra le 46 tavole di diverse dimensioni incassate nella carpenteria dorata ci sono dipinti del Curia, dell'Imparato, del Santafede, del Corenzio, del Rodriguez e del Malinconico; vera e propria antologia del tardo rinascimentale a Napoli. L' altare maggiore fu realizzato nel 1633 su disegno di Cosimo Fanzago mentre davanti sul pavimento si trova la lapide sepolcrale di Giovanna la moglie di Ferrante (Ferdinando I) d'Aragona.
Nell'abside i dipinti quattrocenteschi furono restaurati dal Corenzio, molto bello il coro ligneo del 1603. Un crocifisso ligneo della cappella a destra dell'altare maggiore è opera di Giovanni Merliani da Nola. Nel transetto destro notiamo una tavola con un San Michele di Marco Pino da Siena ed ancora un Ecce Homo di legno policromo di Giovanni da Nola, nella cappella seguente una Natività in bassorilievo di Girolamo Santacroce, nella terza e quarta cappella ancora Marco Pino e Giovanni da Nola con una Crocifissione.
Segue la magnifica cappella di S. Giacomo della Marca restaurata nel Cinquecento e nel Seicento. Di Annibale Caccavello segnaliamo due bei sepolcri del 1550, quelli di Odetto di Foix e di Pedro Navarro, mentre gli affreschi della volta sono dello Stanzione. La terza cappella offre i decori barocchi e i connessi marmorei del Fanzago, mentre subito dopo vi sono gli affreschi del Giordano.
Del Complesso Monumentale fanno parte i due chiostri di cui quello più piccolo, ospitante alcuni monumenti sepolcrali provenienti dalla chiesa, è affrescato con episodi della vita di S. Giacomo della Marca, attribuiti tradizionalmente a Simone Papa.
Dal lato del chiostro piccolo si accede agli ambienti della Sagrestia riccamente decorata e dell’Antico Refettorio, abbellito da un affresco del Bramantino: La salita al Calvario.

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